17 marzo 2010







Anche per queste prossime elezioni regionali, si è persa l’occasione di porre rimedio ad un grave vulnus democratico che non riguarda solo le donne, ma tutta la società.
Infatti, in tutte le liste elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale calabrese, su 610 candidati sono presenti 124 donne: solo il 20% che è una percentuale molto misera, rispetto ai tanto sbandierati impegni, da parte dei partiti, del 40% e che aggrava il ritardo che separa l’Italia dagli altri paesi dell’Unione Europea e perfino da alcuni paesi del cosiddetto terzo mondo.
Se guardiamo poi alla provincia di Cosenza il dato è il peggiore in assoluto rispetto alle altre province calabresi: 38 donne su 225 candidati, pari al 17%.
Anche le donne capo lista sono solo 22 su 77 liste, pari al 22%.
Se consideriamo poi, che moltissime liste hanno una sola candidata femminile per non incorrere all’annullamento della lista, perché questo è il minimo che prevede una pessima legge elettorale calabrese, e che, in alcuni casi qualche partito ha inteso inserire qualche candidata donna come puro abbellimento alla propria lista, è evidente che la conclusione che ne deriva è una sola:
le donne sono escluse dalla rappresentanza politica.
Il pensiero delle donne non è garantito a nessun livello nella politica regionale o nel governo della regione e non lo sarà nei prossimi 5 anni.
Non è quindi più tempo di appelli, di quote o di contentini come un assessorato donna per mera testimonianza; è necessario invece affrontare il vero nodo del problema: quello cioè di una politica che non vuole cambiare, che tiene lontano quei soggetti che possono mettere in discussione lo status quo ed in particolare le donne che, con le loro capacità di tessere reti ed essere estremamente concrete, potrebbero mettere in atto dinamiche di innovazione all’interno dei partiti e delle istituzioni a cui nessuno degli attuali politici è interessato, perché questo vorrebbe dire mettere in discussione il proprio potere.
Insomma le donne potrebbero sovvertire il sistema della rappresentanza politica e l’attuale classe dirigente calabrese, che piega il governo del bene pubblico e della politica agli interessi personali e del proprio gruppo di riferimento, lo ha capito bene e non vuole correre questo rischio.

Si affronti allora il vero problema da porre alla società tutta, ossia il rinnovamento della politica ed un profondo e radicale cambiamento di mentalità, perché, stando così le cose, sono le stesse donne che non avranno più voglia di interloquire con il mondo della politica.

Elena Hoo (Presidente Emily Cosenza)

05 marzo 2010


8 marzo 2010

Siamo pronte per la terapia dell'anti-emotività?

Mi piace l'idea di pensare all'8 marzo 2010 con le parole di queste donne:

Come rendere una donna più fredda e calcolatrice

Ricercatori italiani hanno “dimostrato” (bontà loro) che gli uomini sono stabilmente e tendenzialmente “criminali”, mentre le donne lo possono diventare manipolandole con una debole scarica elettrica.

Un gruppo di ricercatori della Fondazione Ca' Granda-Policlinico di Milano, dell'Ospedale S. Raffaele di Milano e dell'Università di Padova (Corriere della Sera del 23/01/2010) hanno posto delle domande a 38 uomini e 40 donne con un'età media di 24 anni. Eccone una:
«“Immaginate di essere un medico e di avere di fronte tre pazienti che hanno bisogno di un trapianto d’organo. Potreste salvarli tutti e tre a patto di uccidere una persona sana e di prelevarne gli organi. Che cosa fareste?”. Le risposte sono state diverse, a seconda del genere. "Gli uomini", spiega Manuela Fumagalli del Centro clinico per le neuronanotecnologie e la neurostimolazione della Fondazione Policlinico Ca’ Granda... "tendenzialmente rispondono in maniera più razionale, cioè scelgono di sacrificare una persona per salvarne tre. Le donne, invece sono più emotive: non se la sentono di uccidere una persona sana, nemmeno per farne vivere tre”».

L'articolo continua dicendo che facendo passare una “debole corrente elettrica attraverso la zona prefrontale del cervello”, posta la stessa domanda, le donne modificano la loro risposta diventando più ciniche e calcolatrici, mentre non si ha nessun effetto su quella maschile.

La cosa interessante è la prevalente risposta maschile. Quella risposta che viene considerata dai ricercatori come più logica è REATO nel nostro ordinamento attuale. Non puoi uccidere una persona sana per prenderne gli organi e usarli per altre persone.

Praticamente se ne può dedurre che, date le lunghe liste d'attesa, i traumatizzati cranici che potrebbero essere curati e quindi salvati, potrebbero essere uccisi con l'espianto per procurarsi organi. Questa è la decisione più razionale secondo i criteri sopra esposti.

Alla luce di questa razionalità, ci chiediamo:
- Le donne emancipate, che vogliono far carriera, dovranno sottoporsi al “perfezionamento” del loro cervello per renderlo più razionale e adatto al sistema criminale che è alla base di questa società?
- Le donne impiegate nell'espianto-trapianto sono state già sottoposte alla scarica elettrica per reggere l'orrore dell'espianto a cuore battente?
- Gli approcci terapeutici di “manipolazione mentale” ventilati su questa tecnica saranno praticati da medici donne, per evitare denunce di sessismo?
- Si presteranno le donne al nuovo abuso di questa società maschilista?

DIFENDIAMO LA MAGGIORE COMPLESSITÀ DELL'INTELLIGENZA FEMMINILE.

Le Donne dell'AEDfemminismo www.aed-femminismo.com

SINISTRA ECOLIGIA E LIBERTA' (quella vera)

Cosenza, 4 marzo 2010
La vicenda spiacevole che sta vivendo Sinistra Ecologia e Libertà in Calabria sta rasentando il paradosso in quanto persone che dovrebbero condividere lo stesso grande obiettivo di costruire una nuova Sinistra plurale e unita sono i primi a dividere chi ha già aderito a questo progetto, addirittura
supponendo una loro non iscrizione al partito.
Se la situazione non fosse così drammatica, si potrebbe dire che sta rasentando il ridicolo, perché non trattandosi di una “congregazione”, ma di un movimento in costruzione, non solo non ci dovrebbero essere dubbi sulla ns. appartenenza, ma anzi si dovrebbe operare per allargare sempre di più il numero degli aderenti.
E’ noto che le divergenze hanno avuto origine da un giudizio profondamente diverso sull’operato della giunta Loiero che ha portato questi compagni alla presentazione di una lista che, insieme ai socialisti, sostiene questo candidato, ma è altrettanto chiaro che la segreteria nazionale, proprio a seguito di una assemblea regionale di SEL che si era sospesa per eccesso di rissosità, aveva assunto una posizione chiara dichiarando con un documento ufficiale che SEL non avrebbe partecipato alle elezioni regionali.
L’utilizzo improprio del nome di Niki Vendola è chiaramente una forzatura e più che altro una furbizia per carpire all’elettorato consensi che sono perlopiù diretti al compagno Vendola.
La diversità delle opinioni va sicuramente rispettata, ma utilizzare metodi e percorsi che appartengono ad una politica personalistica e di basso profilo potrebbe minare alle radici il processo costituente di SEL nella nostra regione, ma soprattutto la speranza, che in molti continuiamo a nutrire, di poter costruire un altro modo di far politica.